Con una sentenza storica, che arriva dopo 13 anni di Ambiente Svenduto, i Riva sono stati condannati, e con loro l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola. Una vittoria per Taranto e per tutti i tarantini, quelli che si sono impegnati in prima persona, quelli che hanno subìto la perdita dei loro cari a causa dello scempio ambientale che per anni si è perpetrato e pure per quelli che da anni subiscono l’identificazione di Taranto nell’Ilva, cioè noi tutti. E allora, è una vittoria su tutti i fronti? No, temo di no. E’ anche un immenso fallimento. Non entrerò nel merito della sentenza, non solo non si conoscono ancora le motivazioni, ma poi non ho alcuna competenza giuridica per cui ne faccio volentieri a meno, ma nella dimensione umana della vicenda sì, voglio entrarci eccome! Sono nata e vissuta a Taranto per quarant’anni, l’Ilva ha fatto da sfondo e cornice a tutte le fotografie degli orizzonti tarantini, ha fatto da padrona di casa ad importanti manifestazioni teatrali e musicali all’aperto, ha alimentato il benessere economico della società tarantina degli anni ’70 – ‘80, insieme alla Shell, la raffineria. Nella mia classe del liceo ginnasio “Quinto Ennio”, ci dividevamo in figli di chi lavorava all’Ilva e chi alla Shell; nessuno di noi ha mai vissuto come sporca, inquinante (dannatamente inquinante) e, di conseguenza invivibile, l’aria, l’atmosfera, la vita e le industrie a Taranto. E poi…poi qualcosa si è rotto, è esploso! La privatizzazione nel 1995. Per pochi centesimi l’Ilva è stata svenduta ai Riva, ma da chi? Dalla politica, e pure da quella parte sensibile ai bisogni dei più deboli…eccoci che ci siamo arrivati: la politica. Quella che anni prima aveva deciso di dirottare l’economia tarantina sull’industria piuttosto che sfruttare i due mari, l’arsenale, la marina, la storia ed infinite altre meraviglie di questa città, aveva deliberatamente deciso di inquinarla: perché, la produzione dell’acciaio è cosa sporca e non esiste transizione ecologica che possa convertirla in produzione pulita. Quella stessa politica l’ha svenduta a chi per la logica stessa che ruota intorno al privato non avrebbe fatto altro che peggiorare una situazione di per sé a tempo, una bomba. Leggetevi (mi piace che il lettore sia sempre un cittadino che criticamente si fa un’opinione, non devo formarla io e nessun altro!) quali filtri e prodotti filmanti utilizzava l’Ilva (allora Italsider) quando era a partecipazioni statali e chiedetevi: i tumori che hanno iniziato a mietere vittime, bambini ed ex operai, come pedine di un immenso domino spinte dal vento, come mai si sono avuti solo negli ultimi 20 anni? Perché sono aumentate la sensibilità e precocità diagnostiche? Non solo l’Ilva, allora Centro Siderurgico, fu costruita a Taranto nel 1959 ( https://it.wikipedia.org/wiki/Acciaierie_d%27Italia#Storia). Non sarò io certamente a difendere l’industria ai danni dell’ambiente o della salute, ma cantare vittoria stamattina per me è davvero difficile. La politica siamo noi, non è un’entità. Noi entriamo in cabina elettorale. Noi scegliamo chi mandare avanti. Noi non siamo mai veramente informati ed interessati a cosa succede intorno a noi, fino a che non ci colpisce direttamente. Noi cittadini siamo stati e continuiamo ad essere ed a prenderci in giro: l’area a caldo oggi confiscata non è stata chiusa definitivamente; gli operai, se si chiudesse davvero sarebbero a spasso ed ecco che ritorna l’inaccettabile ricatto: lavoro o salute; e..i Tamburi, il quartiere che sorge a ridosso dello stabilimento si è espanso fino a contare, oggi, più o meno 18.000 abitanti. E allora, forse, servirebbe un colpo di reni e di onestà, coerenza ed impegno. Impegno nel sovvertire le sorti di una città che merita ben altro destino che essere equiparata ad un’industria. Onestà nell’ammettere che tante scelte fatte sono state disastrose e che anche le promesse, in molti casi, erano vane: basta farsi campagna elettorale sul destino del siderurgico, pronti a poi a dimenticarle non appena si viene eletti. Coerenza nell’essere in grado di rispettare i patti, anche al prezzo dell’impopolarità. Riprendiamoci la nostra città. Rifondiamone il futuro. Interessiamoci noi al nostro destino e poi chiediamo aiuto, non deleghiamo sempre qualcun altro, pronti poi a scaricare su di lui ogni responsabilità. E’ questa la vera transizione cui anelare: individuare nell’indolenza, tutta meridionale, il primo responsabile del nostro destino. Ehi, ma abbiamo parlato di Ilva e..la Shell? L’eolico selvaggio? Il petrolio ed i pozzi a ridosso della diga del Pertusillo? E…forza, allora che il cammino è lungo!